La psicopatia al governo del mondo
Vorrei scrivere qualcosa di psicologia, ma negli ultimi tempi ogni volta che mi prendo un momento per farlo il mio pensiero si allarga sul mondo. Mai nella mia esistenza ho vissuto un tale senso di sconforto sul periodo storico che stiamo vivendo. Accadono fatti orribili che fino ad alcuni anni fa avrebbero suscitato una reazione sociale e istituzionale che ora sembra svanita.
Gli oligarchi sono alla guida del mondo con forza e arroganza, senza più bisogno di maschere. L’odio e il disprezzo dilagano sulla bocca dei suprematisti, la solidarietà e l’empatia ridotte a qualcosa per pochi anomali. I più restano in silenzio, spettatori distratti di un mondo alla deriva.
Sembra la trama di un romanzo distopico, ma è già realtà. Gruppi di minoranze repressi, trattati da inferiori, appellati come idioti, ritardati e deboli di mente, affetti da virus da debellare. Giornalisti e oppositori da bullizzare, delegittimare, intercettare e reprimere. Non si vedono eroi, non si vedono rivoluzioni.
I giovani sono ormai una minoranza nei paesi occidentali, non contano più, e se protestano si arrestano, in nome della sicurezza. Potrebbero servire in uniforme in tempo di guerra, un orizzonte non così lontano. Dei giovani altri, che muoiano pure: in mare, al fronte o di fame.
Niente di così nuovo si potrebbe obbiettare, forse più semplicemente riattualizzato. Ma c’è un punto che più di ogni altro mi lascia esterrefatto. Uno sterminio sadico e agghiacciante, una pulizia etnica in mondovisione ad opera di uno stato fascista, terrorista e criminale. Il mondo scrolla silenziosamente o quasi, anestetizzato e impotente; tra un gattino e una ricetta, una strage di bambini.
Negli anni ‘70 le proteste collettive permeavano ogni ambito sociale, portando cambiamenti culturali e fermando le guerre. Oggi la fiducia in azioni collettive sembra dissolta, l’attenzione su questioni etiche e sociali non contagia più. Siamo spettatori soli e inermi, impauriti di fronte ad oligarchi psicopatici che giocano con il mondo.
Qualcosa di psicologico provo a scriverlo. Oggi le sofferenze mentali affiorano in un terreno povero di sostegno, di condivisione e di socialità. Le sindromi più diffuse, dalla depressione all’ansia, sono malesseri nei quali ci si trova spesso soli, persi e impotenti.
Forse dovremmo seriamente riflettere sull’”evoluzione” della nostra società degli ultimi decenni, di fronte a modelli dominanti che hanno tradito la maggior parte delle promesse. Non siamo diventati più felici, non abbiamo ottenuto più benessere; siamo più spaventati e soli in un mondo sociale che cade a pezzi, insieme ai suoi princìpi.
Progressivamente abbiamo sterilizzato la vita dalle sue componenti più umane, svalutando la partecipazione sociale, la dimensione emotivo-affettiva, la solidarietà, l’etica, la spiritualità e molto altro. Siamo diventati ingranaggi logori e sostituibili nella cinica macchina del profitto, alla ricerca spasmodica di traguardi effimeri. Quale senso riusciamo a dare oggi al mondo e alla vita? Forse val la pena tornare a porci queste domande.
Foto: Loco Steve, The Psychos by Loretto