Il bicchiere mezzo pieno
Ho spesso provato una certa diffidenza per gli inguaribili ottimisti, per i fanatici del futuro, per coloro che: “chi dorme non piglia pesci, è inutile piangere sul latte versato e domani è un altro giorno”. Non mi piace la svalutazione del fermarsi a capire e del prendersi il tempo; non mi convince l’allegria forzata che sgombra il campo dalla sofferenza.
Oggi però ripenso e rivaluto un mantra degli ottimisti: il bicchiere mezzo pieno. Penso a quanto ciò possa essere straordinario in molte storie, dalla mia personale alle tante che incontro come psicologo, straordinario il fatto di aver riempito mezzo bicchiere malgrado tutti gli imprevisti e gli ostacoli della vita.
Sento di voler celebrare la preziosità del bicchiere mezzo pieno, non per farsi abbagliare dal suo contenuto così da non vederne il mezzo vuoto, ma per lasciarsi meravigliare da ciò che, nonostante tutto, è potuto accadere, come quei fiori che inaspettatamente sbocciano dal cemento.
Un certo ottimismo è un modo di illuminare una sola parte, lasciandone un’altra in ombra, come i social network evidenziano in modo lampante: tutti felici e perfetti, in vetrina. Quando smettiamo di preoccuparci di nascondere le nostre imperfezioni, possiamo davvero stupirci delle nostre bellezze. Quando riusciamo a riconoscere le nostre ombre, possiamo apprezzare più a fondo ciò che siamo, comprese le nostre cicatrici.
Il tanto abusato “vivere il presente” non significa mettersi un bel paraocchi su passato e futuro, ma provare a cucire, oggi, il passato con il futuro. Accogliere tutto ciò che siamo, non solo ciò che vorremmo, guardare la nostra storia, comprese le difficoltà, attraversate e non, ci permette di curare le nostre ferite, per aprirci a nuove letture e nuove possibilità.
Un certo ottimismo è paradossalmente l’antitesi del cambiamento, un futuro desiderato diverso ma che, senza i conti col passato, si ripropone uguale, come uno scherzo del destino. Quando smettiamo di nascondere il mezzo vuoto possiamo davvero essere ottimisti, prendendoci cura di tutto noi stessi, accogliendo quello che siamo e meravigliandoci per quello straordinario mezzo pieno.